Calypso si sistemò gli occhiali. Sentiva il sudore affiorarle sulle guance e
al centro della fronte, e la sella del naso stava diventando scivolosa. Tirò
via il tovagliolino di carta da sotto il piatto e lo appallottolò tra le mani,
strofinando i palmi umidi.
Quando alzò gli occhi, Donna aveva acceso una sigaretta e si stava
appoggiando allo schienale della sedia, chiamando il cameriere con un
cenno. Mentre quello si avvicinava, lei gettò indietro i capelli. “Possiamo
avere un altro bicchiere di bianco a testa, per favore, tesoro?”
“Per me no” si affrettò a dire Calypso.
Il cameriere annuì e si rivolse a Donna. “Allora uno solo, signora?”
“Oh, la prego, mi chiami Dolores!” Donna fece l’occhiolino a Calypso
dal lato opposto del tavolo. “È spagnolo. Mio padre era nella marina
mercantile.”
“Che bel nome. Le si addice.” Il cameriere sembrava almeno sui
quarant’anni, aveva la faccia rotonda e le guance piene, ma mentre parlava
fece un sorrisino sciocco, guardandosi i piedi. Donna abbassò la testa e
batté lentamente gli occhi, le palpebre pesanti. “Avete proprio una bella
terrazza, quassù” disse. “Una vista grandiosa.”
“Oh, solo il meglio per la nostra... la nostra splendida clientela.”
“Oh, che caro!” Donna agitò una mano in aria come per scacciare una
vespa e il cameriere indietreggiò arrossendo.
Calypso alzò gli occhi al cielo. “Donna, devi proprio?”
“Oh, è solo per divertirsi un po’. Un fine settimane via tra ragazze. Dovresti
entrare nello spirito, amore.”
“Be’, per me ha una ventina d’anni di troppo. Per te invece no,
evidentemente.” Calypso si girò sulla sedia a guardare il mare. La marea
stava cominciando a ritirarsi, lasciando al margine un nastro di sabbia più
scura simile all’ombra di baffi che punteggiava il labbro superiore di Donna.
Un motoscafo tracciò un arco sulla bocca della baia mentre nell’acqua
più bassa alcuni genitori saltavano le onde con i loro bambini, l’acqua
schiumante intorno agli stinchi.
Il cameriere tornò e appoggiando sul tavolo il bicchiere di Donna accennò
un inchino.
“Non ne prendi uno anche tu?” Donna afferrò Calypso per il polso.
Aveva le dita calde e ossute e Calypso si liberò dalla stretta fissando il
cameriere. “Possiamo avere il conto?”
Il cameriere guardò Donna. “Signora?”
“Oh, se è proprio necessario. Questi ragazzi non sanno stare al passo.”
Dopo che il cameriere ebbe portato il conto Calypso aprì il borsellino e
cominciò a frugare senza troppo entusiasmo tra le monete, ma Donna
fece una smorfia. “Non essere sciocca” disse. “Offro io.” Finì in pochi
sorsi il secondo bicchiere di vino e infilò una banconota sgualcita sotto il
piede del calice. Poi condusse Calypso verso i gradini che dalla terrazza
scendevano al lungomare e insieme si allontanarono dalla riva affollata, in
direzione del porto. Calypso camminava a testa bassa; il sole sembrava
riflettersi guizzando contro tutti i vetri delle finestre e il metallo di ogni auto
di passaggio, con un riverbero che le colpiva direttamente gli occhi.
“Oggi pomeriggio potremmo fare un giro in barca.” Donna indicò una
lavagna puntellata contro il muro del porto, su cui si offrivano “gite
storiche lungo la costa” e “crociere con i delfini” e “passaggi in traghetto
per le isole”. Attraversarono la stradina e rimasero in piedi a guardare il
cartello.
“Delfini? Da queste parti?” chiese Calypso, dubbiosa.
“Non penso proprio” rispose Donna. “Sarà uno scherzo. Che ne dici della
gita storica lungo la costa? Sembra piacevole, rilassante.”
“Ma sì.” Calypso si schermò gli occhi con la mano. Oltre il muretto un
piccolo gregge di barche a vela si urtava nell’acqua bassa, tintinnando e
facendo cigolare gli ormeggi. L’aria sapeva di benzina.
“Penso che sarebbe piacevole” disse Donna. “Dopo possiamo fare una
passeggiatina in paese, magari tornare per un po’ in hotel, e poi uscire a
mangiare qualcosa per cena. Vicino alla spiaggia ho visto un pub carino,
l’Old… Old qualcosa. Pare che lì facciano di tutto. Pasta, curry, costate…
che te ne pare?”
“È un bed and breakfast, non un hotel” disse Calypso.
“Va be’.” Donna si passò le dita tra i capelli. “Quel che è. Vuoi fare la gita
storica?”
“Okay.”
Donna agganciò il braccio di Calypso con il proprio e la tirò indietro nella
direzione da cui erano venute, quella del mare. “Mi è sembrato di vedere
un chiosco dei biglietti di fianco ai bagni.”
“Bene.”
La barca era più piccola di quanto si aspettasse Calypso: in pratica, un
dinghy a motore con una panca di legno, già bagnata di spruzzi, che
correva lungo il bordo interno dello scafo. Un giovane uomo stava con un
piede sul molo e l’altro sull’orlo della barca e aiutava i passeggeri a salire
con mano ferma. Aveva i capelli neri spettinati e occhi azzurrini troppo
grandi per il suo viso. Quando la prese per mano accompagnando la sua
discesa nella barca, Donna fece una risatina. “Ciao, marinaio!” esclamò.
L’uomo sorrise educatamente e tese la mano a Calypso, che sentì
avvampare le guance. “Non ti sarai già scottata, vero?” chiese Donna
quando Calypso ritrovò l’equilibrio sulla panca dietro a lei.
Mentre la barca si avviava scoppiettando verso la baia, Donna chiuse
gli occhi e si appoggiò al bordo, il viso rivolto verso il sole. Calypso
inspirò profondamente, cercando di ignorare la puzza di benzina, e si
girò per guardare il mare lungo. Vicino al molo le ondine oscillavano
leggere avanti e indietro, urtando fiaccamente la fiancata dello scafo,
ma ora brusche spallate d’acqua collidevano con forza contro la barca,
frantumandosi all’impatto in detriti bianchi. Dopo qualche minuto la barca
rallentò e cominciò a seguire la linea della costa. Il giovane uomo sollevò
un braccio in direzione del castello diroccato sulla sua collinetta tra
l’estremità orientale della città e il mare.
“Sono certo che avrete già notato il castello” annunciò, e poi si mise a
parlare veloce, come recitando. “Nel tredicesimo secolo fu quasi distrutto
da fazioni gallesi guerreggianti. Un esercito venuto dal nord l’attaccò dal
mare, e dopo la battaglia i corpi dei caduti di entrambi gli schieramenti
vennero sospinti sulla spiaggia per settimane, se non per mesi.”
Un mesto mormorio si sparse tra i passeggeri. Donna diede di gomito
a Calypso; una delle sue ciglia finte si era staccata a un’estremità e le
pendeva all’angolo dell’occhio. “Piuttosto raccapricciante, eh?”
“Già” rispose Calypso.
“Le grandi mura” continuò l’uomo, indicando una striscia in pietra che
s’incurvava dietro la spiaggia salendo verso il poggio del castello, dove
s’interrompeva di colpo. In alcuni punti dominava il mare, ma in altri si
confondeva quasi con il terreno, per poi tornare ad alzarsi. La barca
proseguì ronzando pigramente. “Risalgono più o meno alla stessa epoca
del castello. Furono costruite per difendere la città da qualsiasi pericolo:
dagli attacchi, o anche solo dal mare in tempesta. Ma come vedete
non risposero del tutto alle aspettative, e nel tardo medioevo furono
fatalmente danneggiate: in pratica da allora non hanno più svolto la
funzione di mura.”
Calypso lanciò un’occhiata a Donna. Aveva di nuovo gli occhi chiusi e
la testa reclinata contro il bordo della barca, sballottata di lato dal moto
dell’acqua. I tacchi a spillo erano scompostamente abbandonati sul
fondo dello scafo e la punta del naso cominciava a bruciacchiarsi, ma lei
sorrideva, le mani abbandonate in grembo. La barca prese velocità e poi
tornò a rallentare avvicinandosi al promontorio.
Il giovanotto stava indicando alcune chiazze scure sulla scogliera. “Non
possiamo avvicinarci di più” disse, alzando la voce per sovrastare i gridi
dei gabbiani che tracciavano cerchi nell’aria sopra di loro. “Sotto il pelo
dell’acqua ci sono scogli appuntiti, più avanti. Ma da qui potete vedere
le grotte dei contrabbandieri, e la più grande è lassù, la Grotta Alta. I
contrabbandieri del posto ci tenevano nascoste le loro merci: alcolici,
tabacco, a volte armi. La grotta è a una certa altezza della scogliera e
quindi raramente il mare ci arriva. Ma in caso di tempesta improvvisa, con
l’innalzamento del livello del mare, non c’era niente da fare: tutte le merci
di contrabbando venivano spazzate via. Un disastro.”
I passeggeri annuirono. Anche Calypso annuì. Donna rimase in silenzio,
le palpebre ancora abbassate, le labbra leggermente socchiuse.
Calypso pensò che stesse dormendo, ma quando, mezz’ora più tardi,
riaccostarono al molo, si rizzò a sedere all’improvviso, gli occhi limpidi. “Io
non le reggo tutte quelle chiacchiere di storia” sussurrò a Calypso mentre
l’uomo saltava sul molo, pronto ad aiutare a sbarcare i passeggeri.
“Secondo me s’inventano tutto. Però ha una bella voce, non trovi?” Diede
una stretta alla mano di Calypso e si alzò, passandole davanti con il
gomito per scendere dalla barca per prima.
Il pub si chiamava Old Lighthouse, il vecchio faro, anche se era un edificio
squadrato di soli due piani. Si trovava su una curva di una viuzza che
scendeva verso il lungomare, ed era separato dalla strada da un cortiletto
acciottolato dove Calypso e Donna erano sedute davanti ai loro drink,
immerse nella luce calante. In fondo alla strada, sotto il cielo lastricato
di nuvole rosse, si vedeva uno spicchio di mare tinto di porpora dal
crepuscolo.
Donna fumò una sigaretta a boccate profonde. Quando entrò in cerca del
bagno, Calypso tirò fuori il cellulare dalla tasca.
“Ciao Susan, sono io.”
“Callie! Come stanno andando le cose?”
“Abbastanza bene. Stiamo per cenare.”
“E la giornata è stata piacevole?”
“Abbastanza. C’è un sole fortissimo.”
“Allora non dimenticarti di usare la crema protettiva. Si sta comportando
bene?”
“Più o meno. È la solita Donna.”
“Be’, finché andate d’accordo…”
“… a pranzo ha detto al cameriere di chiamarsi Dolores.”
La risata di Susan era imperlata di scariche elettrostatiche. “Non la
smette di provarci, eh? Lascia perdere. Cerca di rilassarti e di divertirti.”
“È quello che sto tentando di fare.” La porta del pub grattò sui ciottoli e
Calypso salutò, affrettandosi a riattaccare. Donna prese il suo bicchiere
dal tavolo e finì l’ultimo sorso del drink. “Sei pronta per entrare? Muoio di
fame.”
“Certo.” Calypso si alzò, bicchiere in mano, e seguì Donna oltre la porta
d’ingresso.
Dentro, le pareti tinteggiate a larghe strisce blu e bianche fecero venire
a Calypso un lieve senso di vertigine. Dappertutto erano appese, come
quadri, barre di timone di diverse misure, e dalle mensole verniciate
incombevano curvi degli uccelli marini impagliati. Calypso e Donna
presero posto nell’angolo; al centro del loro tavolo c’era una candela
infilata in una vecchia bottiglia da vino, con fredde colate di cera lungo il
vetro. Una cameriera portò i menu e accese la candela.
Mentre aspettavano i loro piatti, Donna parlò a Calypso del suo nuovo
impiego – lavorava come segretaria di uno studio dentistico; era solo
un’assunzione a tempo determinato, per sostituire una persona in
maternità, ma serviva comunque come esperienza – e del suo nuovo
fidanzato, Carl, vicedirettore di un piccolo ristorante. Lui voleva dei figli;
avevano tentato ma non succedeva niente, probabilmente era troppo
tardi. Lei aveva cercato la FIVET su internet ma sembrava una gran
scocciatura: per Carl sarebbe stato più facile andare a cercarsi un
modello più giovane, a dire la verità. Si vedrà.
Calypso digerì in silenzio la notizia, versandosi un secondo bicchiere di
vino prima che Donna finisse di parlare. Si sentiva offuscata, i pensieri
sfasati di diverse battute rispetto al corpo, e fu lieta di veder arrivare le
ordinazioni.
“Vorresti un altro figlio? Davvero?” le chiese dopo qualche boccone.
“Pensavo che non avessi mai voluto avere neanche me.”
Donna buttò fuori l’aria dal naso. “Non all’inizio, quando scoprii di essere
incinta, è vero. L’ultima cosa che volevo era un figlio oltre a… oltre a tutto
il resto. Poi però mi abituai all’idea e cominciai a pregustare il tuo arrivo.”
Fece ruotare la forchetta negli spaghetti. “Pensavo che con la tua nascita
sarebbe tutto cambiato. E quando l’ostetrica ti mise tra le mie braccia fu
come… be’, fu come sole e musica e una tripla dose di rum dei Caraibi,
tutto in una volta.”
Calypso alzò le spalle. “Forse era l’epidurale.”
“Senti, lo so che non è andata come volevo, so che non sono stata
all’altezza, ma era tutto molto più difficile di quello che pensavo.” Donna
sollevò la forchetta dal piatto ma continuò a farla ruotare: gli spaghetti
si avvolsero sempre più in profondità intorno ai rebbi, come lana intorno
a un fuso. “E poi alla fine si è risolto tutto per il meglio, secondo me:
sei andata da quella simpatica famiglia – come si chiamano, Richard
e Susan, e i bambini – e hanno fatto un ottimo lavoro, molto meglio di
quanto potevo fare io, lo sai. Davvero.” I suoi occhi, al lato opposto del
tavolo, erano giganteschi.
“Solo che io da quella simpatica famiglia non ci sono andata direttamente,
no? C’è stata tua madre, poi l’istituto, poi di nuovo tua madre, poi
quell’altra famiglia, poi di nuovo l’istituto…”
“… e poi Susan e come si chiama. Ne se venuta fuori meglio di tanti
altri.” Donna gettò un’occhiata alla sua forchetta. I rebbi erano invisibili,
interamente avvolti dagli spaghetti, mezza dozzina dei quali univano
ancora la forchetta al piatto. “Dio santo.” Prese il cucchiaio da dessert
e lo girò di lato, usandone il bordo per tranciare gli spaghetti pendenti.
Calypso la fissò, fermando a mezz’aria il bicchiere che si stava portando
alle labbra. Quando Donna alzò gli occhi, sulle guance aveva delle
chiazze rosse. Scosse la testa e s’infilò la forchetta in bocca. Calypso
rimise sul tavolo il bicchiere e distolse lo sguardo.
Più tardi, quella stessa sera, Calypso scoprì altre cose di Donna: che
portava un pigiama rosa con i lustrini rossi e dorati, che dormiva supina
con la bocca aperta, e che russava. Il ronfare di Donna era più forte della
marea montante fuori dalla finestra della stanza, e altrettanto ritmato.
Calypso provò a seppellire la testa sotto il cuscino ma non riusciva a
respirare, provò a mettersi sul fianco con il piumone tirato sulle orecchie
ma la sentiva ancora russare e poi faceva troppo caldo, aveva la pelle
coperta di sudore. Gettò via il piumone e batté i piedi sul pavimento ma
dal letto di Donna il rumore continuò, ininterrotto.
Calypso andò alla finestra e premette la fronte contro il vetro – il freddo le
penetrò nella pelle facendola arretrare boccheggiando e massaggiandosi
la fronte; poi si sporse in avanti, il viso a pochi centimetri dal vetro. Fissò
lo sguardo sul mare e sull’arco tracciato dalla scogliera alle spalle della
città, una massa nera punteggiata qui e là da fiochi cerchi di luce. Senza
gli occhiali non distingueva i particolari, ma era in grado di localizzare
il castello slabbrato sulla sua collinetta e di indovinare dove le mura
che non erano più mura s’incurvavano intorno alla parte anteriore della
città e poi s’interrompevano spazzando via ogni speranza di protezione.
Riusciva a intravedere il punto in cui la Grotta Alta era incuneata nella
rientranza del promontorio, foderata di roccia asciutta e del groviglio
semiputrefatto di alghe gettate nell’imboccatura quando il mare era
troppo forte, troppo rigonfio, e la grotta non riusciva a essere all’altezza
del suo nome. Sulla punta del promontorio una luce si accendeva, poi
si spegneva, poi si accendeva, avvertendo gli eventuali contrabbandieri
o predoni moderni di stare attenti agli scogli sotto il pelo dell’acqua, di
tenersi alla larga.
La mattina Calypso si sentiva fiacca, con un dolore fisso alla nuca.
Donna era allegra: la udiva cantare stonata sotto la doccia, l’acqua
che le tamburellava il corpo. Emerse dal bagno indossando solo un
asciugamano sottile avvolto intorno al busto, le braccia e le gambe magre
arrossate.
“È un peccato che ci fermiamo una notte soltanto” disse. “Ci sono un
sacco di altre cose da fare, penso, un sacco di pub in cui non siamo state.
Ma immagino che dobbiamo tornare tutte e due al lavoro, domani.”
“Io no, a dire il vero” rispose Calypso. “Il lunedì non lavoro.”
“Davvero?” Donna era seduta sul bordo del letto, intenta a strofinarsi
i capelli con l’asciugamano, l’altro telo fissato intorno al corpo con un
nodo inconsistente. “Perché non me l’hai detto? Avrei potuto prendermi
un giorno, ho delle ferie da recuperare. Ci saremmo fatte un bel fine
settimana lungo.”
“Devo fare la doccia” disse Calypso. “Posso avere l’asciugamano che stai
usando per i capelli?”
Donna abbassò gli occhi sull’asciugamano che aveva tra le dita e alzò
le spalle, poi glielo passò. “È un po’ bagnato” disse quando Calypso lo
prese. “Uno si aspetterebbe che avessero un asciugacapelli.”
La colazione veniva servita nel seminterrato, tinteggiato in un rosa
soffuso e arredato con comodi tavoli e sedie di legno, ma ancora ruvido
del fresco tipico degli scantinati. I gabbiani facevano avanti e indietro sul
marciapiede fuori dalla finestra, appena al di sopra del livello degli occhi.
Donna versò a Calypso il caffè dalla brocca, poi riempì la sua tazza.
“Latte?”
“No, grazie” rispose Calypso. Donna mise giù la lattiera inutilizzata.
“Be’, spero che ti sia goduta questa vacanza, Calypso” disse.
Calypso annuì, la bocca piena di pane tostato. Non aveva fame, ma
pensava che qualcosa da mangiare potesse alleviare il dolore alla testa.
“Bene” disse alla fine Donna. “Bene.”
Calypso mandò giù il pane e sospirò. “È stato bello, Donna” disse. “Hai…
insomma, hai cercato di renderla piacevole. Ed è stata piacevole. Grazie.”
Il viso di Donna si aprì in un sorriso. Senza le ciglia finte incollate alle
palpebre sembrava più giovane, più dolce; gli occhi erano più luminosi del
solito. “Ne sono tanto contenta” disse. “Tanto.”
Calypso accennò un sorriso e abbassò gli occhi sul caffè. In superficie
turbinavano granellini scuri.
“Calypso” disse Donna lentamente, e lei rialzò gli occhi. Donna era
protesa in avanti sul tavolo, il sorriso meno largo ma gli occhi ancora
vividi. “Devo chiederti una cosa” disse. “So che all’inizio può sembrare
strano…”
Calypso aspettò.
“Pensi… solo se lo vuoi… pensi… che magari potresti chiamarmi
mamma?”
Donna smise di parlare e Calypso sentì l’odore di caffè nel suo alito. “Non
Donna, intendo, ma mamma?”
Il vapore che saliva a volute dal caffè di Calypso, dividendosi e
fondendosi in nuove forme, nuove direzioni, era ipnotizzante. Donna era
ancora protesa sul tavolo, i muscoli agli angoli del sorriso scossi da un
fremito.
“Non ancora” rispose Calypso. “Non sei quello che significa mamma.”
Donna non cambiò espressione ma si riappoggiò allo schienale. “Va
bene” disse. “Pensavo che avresti detto di no.”
Calypso bevve un sorso di caffè, poi un altro, e osservò i gabbiani
zampettare poco sopra la testa di Donna.
“Finisci la colazione, amore” disse Donna dopo un attimo. “Dobbiamo
lasciare libera la stanza entro le dieci.”